di ANTONIO GOZZI
Sull’area fluviale lavagnese dell’Entella la Città Metropolitana, nonostante l’avvio della procedura di vincolo paesistico, ha dato inizio ai lavori di preparazione dell’area dove dovrebbe sorgere la famigerata ‘diga Perfigli’, con l’abbattimento di moltissime piante anche ad alto fusto e secolari. Alla luce di questo scempio, pieno di rabbia e di sdegno, mi sono andato a rileggere la comunicazione con la quale la Regione Liguria avviava il procedimento amministrativo di vincolo e le motivazioni che lo giustificano, queste ultime contenute nella scheda allegata alla comunicazione.
Ebbene la sensazione che si ricava da questa lettura, confrontandone i contenuti con ciò che sta succedendo, non è soltanto quella di una situazione surreale (si affermano concetti validissimi e poi si fa l’esatto opposto) ma anche un senso profondo di violazione sostanziale delle norme di legge, in particolare delle norme di salvaguardia derivanti dall’avvio della procedura di vincolo; violazione di cui qualcuno dovrà assumersi prima o poi la responsabilità, e se del caso pagare il conto.
Cerchiamo di essere il più possibile semplici e chiari.
C’è nel documento una prima parte che è frutto dei lavori della Commissione che per legge regionale ha la possibilità di proporre il vincolo; questa parte è tutta descrittiva delle ragioni per le quali appunto è opportuno porre il vincolo paesaggistico, che tecnicamente viene definito “dichiarazione di notevole interesse pubblico”.
Elementi connotanti il paesaggio, struttura geomorfologica e suoi valori peculiari, struttura ecosistemica e ambientale, componenti antropiche, elementi della percezione: sono questi i grandi capitoli della descrizione e valorizzazione della straordinaria ‘piana dell’Entella’ che stanno alla base della proposta di vincolo.
Viene evidenziato che “si tratta di un’importante zona agricola e rurale residua, bonificata in epoca medioevale…. che accoglie ancora oggi produzioni orticole tradizionali e cultivar locali; per tali caratteri è stata inserita nel Catalogo Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici con la denominazione Orti periurbani della valle del fiume Entella”.
E ancora: “Il sito si configura come paesaggio rurale storico ancora in uso, patrimonio di archeologia rurale di notevole interesse caratterizzato dalla tipica disposizione degli orti e da un fitto reticolo di canalizzazioni e viabilità interpoderale che ne consente un’ampia visibilità. Sono presenti antichi manufatti e opere agricole per la bonifica e la canalizzazione delle acque a scopo irriguo, storicamente funzionali al contenimento delle piene e ad assicurare condizioni produttive ottimali per specie di ortaggi di elevata qualità… Il paesaggio è scandito da manufatti rappresentativi dell’edilizia rurale del Tigullio funzionali alla attività agricola. Nell’area è compreso lo storico argine detto Segiun costruito a fine Settecento, durante l’ultimo periodo della Repubblica di Genova e rinforzato in epoca Napoleonica. L’argine, descritto dal Dipartimento degli Appennini del 1808 e rilevato dal catasto napoleonico, è rara testimonianza della tecnica idraulica ottocentesca, percorso in sommità da un sentiero che consente di apprezzare il paesaggio rurale circostante nelle sue più rilevanti componenti, costituisce un’emergenza paesaggistica rilevante”.
Lo svolgimento della ulteriore parte descrittiva dell’area meritevole di tutela è un pregevole esempio di approfondimento e di tenuta in considerazione dei molteplici elementi storici, paesaggistici, biologici e dei loro valori peculiari che giustificano la proposta di vincolo.
La seconda parte del documento è quella che propone la tutela e valorizzazione dell’area e la sua disciplina d’uso. In altri termini quella in cui si propone cosa si può fare, cosa si deve fare, e cosa non si può fare.
Tra gli obiettivi e le prescrizioni enunciati in questa parte del documento, uno in particolare colpisce alla luce di ciò che sta accadendo e dello scempio in atto.
Occorre “favorire il mantenimento dell’assetto vegetazionale del paesaggio fluviale…”. Inoltre “sono da escludere tutti gli interventi che possono interferire con la tutela e la conservazione delle componenti vegetali connotative del paesaggio spondale e quelle storiche a carattere agrario. Devono essere preservate le alberature di alto fusto caratterizzanti il contesto rurale…”. “Deve essere mantenuto l’assetto vegetazionale della fascia perifluviale arborea anche con interventi di ripristino” e via così con un fortissimo richiamo alla protezione di tutte le componenti biologiche presenti, vegetali e animali che siano.
Questi i contenuti del vincolo.
Non siamo giuristi, ma ciò che sta accadendo sulla piana, con interventi violenti come l’abbattimento e il taglio di piante di alto fusto, in particolari ulivi, collocati storicamente sulle sponde del Segiun, ci sembra completamente contrario allo spirito e alla lettera del vincolo proposto, ed anzi in palese contraddizione con lo stesso.
Non siamo giuristi, no, ma se ben ricordiamo la fase amministrativa di approvazione definitiva del vincolo è per legge assistita da norme di salvaguardia che bloccano la situazione all’esistente affinché, quando finalmente si arriva alla esecutività del vincolo, non sia troppo tardi.
Chi deve fare rispettare la salvaguardia? Crediamo la Soprintendenza, così efficace nell’elaborazione della proposta ma forse distratta in questa fase e incapace di fermare lo scempio in atto.
Violazione delle norme di salvaguardia attraverso interventi indebiti è un reato. Lasciare che si realizzi tale violazione è una grave omissione di doveri d’ufficio.