Home Eventi Tornare nel palazzo e ricostruire nei minimi dettagli: così nasce il libro di Giorgio Viarengo ‘Il processo Spiotta’. Presentazione sabato a Wylab

Tornare nel palazzo e ricostruire nei minimi dettagli: così nasce il libro di Giorgio Viarengo ‘Il processo Spiotta’. Presentazione sabato a Wylab

da Alberto Bruzzone

Sabato prossimo, 30 aprile, alle ore 17, presso gli spazi di Wylab, in via Davide Gagliardo a Chiavari, l’Anpi di Chiavari Sezione Paolo Castagnino Saetta organizza la presentazione del volume ‘Il processo Spiotta. La Corte d’Assise Straordinaria a Chiavari’, scritto da Giorgio ‘Getto’ Viarengo e pubblicato da Internòs Edizioni di Goffredo ed Ester Feretto.
L’autore, apprezzato storico e cultore delle tradizioni locali, nonché membro di Anpi Chiavari e profondo studioso del periodo della Resistenza, parlerà del suo lavoro con Francesco Cozzi, già procuratore della Repubblica presso i tribunali di Chiavari e di Genova. Intervista del giornalista Roberto Pettinaroli, capo dell’edizione del Levante del ‘Secolo XIX’. È prevista anche la proiezione del video ‘1945: memorie di un processo’, realizzato da Cristina Pitruzzella. L’ingresso è possibile previa esibizione del Green Pass. Prenotazioni al numero 347 2502800. Anticipiamo su questo numero una breve presentazione del suo libro da parte dell’autore.

di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

Un lavoro durato anni, con ricerche presso l’Archivio di Stato in Genova e Roma, la rilettura delle cronache del tempo per rintracciare i fatti più minuti nelle emeroteche del territorio, una trama da ricostruire fatta di dolore e rabbia, deportazioni e torture, giudizi sommari e fucilazioni. Eppure era successo tutto a Chiavari, il terrore aveva corso nell’intero Tigullio partendo dall’epicentro della Casa Littoria, lo storico palazzo dell’ex tribunale: tutto era successo il quel luogo.

Qui la prima grande preoccupazione, il dolore di una domanda che mi assillava: possibile che questo edificio non riesca più a raccontare quanto qui sia accaduto? Quali sono i meccanismi della memoria se fatti criminali così gravi non riescono più a richiamare le nostre coscienze e tutto può essere avvolto nell’indifferenza?

Allora mi sedevo sui gradini del monumento a Mazzini e iniziavo a ricercare le tracce più minute, le rughe del tempo che segnano quella stupenda facciata, ecco i fori che trattenevano le lettere in bronzo della scritta ‘Casa Littoria’, più di lato le mensole che sorreggevano i fasci littori. Allora ripensavo alle adunate fasciste, alle ore della visita ‘memorabile’ del duce a Chiavari, la dichiarazione di guerra e i megafoni che urlano quelle frasi terribili, ma ora tutto è silente, il portone chiuso da anni cela quei fatti lontani.

Era necessario ritornare nel palazzo e ricostruire nei minimi dettagli quanto i chiavaresi non riuscivano più a rammentare, del fascismo cittadino, degli atti squadristici, degli avversari assassinati, dei manganelli e delle fiamme che chiudevano le Camere del Lavoro.

Tutto era pensato e studiato dai dirigenti che sedevano negli uffici sottratti dopo la chiusura del tribunale, con la visita del duce riescono anche ad allontanare la pretura e impossessarsi dell’intero edificio. Poi arriva il luglio del 1943, la notizia della caduta del fascismo, quel voto nella notte che costringeva il dittatore alle dimissioni.

Chiavari nella mattina seguente ritrova un minimo di forza per reagire, in molti salgono a ‘Casa Littoria’, si spalancano i balconi e volarono in piazza quei simboli che apparivano intoccabili, alcuni sostituiscono la scritta Piazza Costanzo Ciano con un cartello che riporta il riferimento a Giacomo Matteotti. Solo dopo poche ore la polizia, con il commissario Giuseppe Cosenza, arresterà i facinorosi, tutti finiranno in via del Gasometro.

Poi giunge l’8 settembre, ancora un momento di speranza, tutti nuovamente in quella piazza, forse la guerra è finita, un drappello scende dalla caserma di Caperana: sono arrivati i tedeschi! I militari del presidio, tra loro un giovane Aldo Gastaldi, nascondono le armi dietro piazza Fenice. Dallo sbandamento al dramma, i fascisti si riorganizzano, un trafiletto su ‘La Sveglia’ annuncia che ‘Il Fascio Repubblicano di Chiavari’ si è riorganizzato, nella firma del Direttorio un nome nuovo: Vito Spiotta.

Ora ‘La Sveglia’, il giornale della Curia di Chiavari, non uscirà più, una nuova testata prenderà il suo posto: ‘Fiamma Repubblicana’, il direttore sarà Vito Spiotta. La sola rilettura dei numeri settimanali che si articoleranno sino alla domenica 22 aprile 1945 costituisce un documento eccezionale degli avvenimenti accaduti nel territorio con l’epicentro di quel palazzo.

Saranno mesi terribili, finire a ‘Casa Littoria’ significava passare sotto alle grinfie di Vito Spiotta e dei suoi collaboratori Righi e Podestà, in quelle sale non esisteva nessuna legalità, ma solo terrore e violenza.

In quei mesi da qui partiranno le rappresaglie, i rastrellamenti, le ricerche affannose degli antifascisti, dei banditi, dei partigiani. Nell’estate del 1944 il salto di qualità definitivo: la Brigata Nera Silvio Parodi e l’arrivo della Monterosa. La rilettura dei rapporti delle scorribande nelle nostre frazioni, delle manovre all’interno delle vallate descrivono violenze, furti, incendi e arresti. Il Comitato di Liberazione Nazionale non tarderà ad annunciare che Spiotta e soci sono stati dichiarati “criminali di guerra” e come tali pagheranno appena la situazione lo permetterà. Quel giorno giunge nella primavera del 1945, i ‘gloriosi camerati’ scapperanno come codardi, lo Spiotta e Podestà saranno riacciuffati a Milano, il Righi in Piemonte.

Ora i cittadini di Chiavari possono denunciare i torti e le violenze subite, i giornali confermano l’apertura della Corte d’Assise Straordinaria, la polizia coadiuvata dai partigiani avvia le ricerche e i tre sono arrestati e condotti a Marassi. Le denunzie sono numerosissime, la loro rilettura ci permette di ripercorrere i mesi del terrore, in carcere a Marassi i tre sono sotto interrogatorio. Alle ore 9 del 16 d’agosto s’avvia il processo, il segno più evidente del cambiamento democratico è in quell’aula: i tre imputati hanno l’avvocato difensore. La piazza è stracolma, così l’aula, i cronisti scrivono e telefonano alle redazioni, dopo tre giorni la condanna, quella drammatica parola ritorna, come un tuono: condanna a morte. Dietro quei fatti era necessario ricercare, trovare altre notizie, indicazioni, documenti: è la memoria che ci richiede di comprendere tutto del processo Spiotta.

(* storico e cultore di tradizioni locali)

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